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Parliamo di serie tv: Sense8


Da vera persona piena di impegni e vita sociale quale sono posso vantare nel mio curriculum, alla voce “attività formative e lavorative precedenti”, la visione di una lunga lista di serie tv e film sui quali mi diverto ad esprimere giudizi e pareri da semplice fruitrice emotiva (per intenderci, non ho particolari competenze, né sono specializzata nell’ambito). Ebbene, vorrei parlarvi dello show che nell’ultimo anno mi ha colpito di più, quello che è stato per me una vera e propria rivelazione e mi ha conquistata. Si tratta di una serie che riesce davvero nel suo intento di essere universale, che riesce a far entrare in un contatto così stretto con emozioni e sentimenti dei protagonisti da far sentire come se si fosse parte di loro, diventando in questo modo un piccolo tesoro da non farsi scappare. Perché è esattamente questo ciò che riesce a fare Sense8, serie americana creata dalle sorelle Lana e Lilly Wachowski e J. Michael Straczynski, distribuita da Netflix a partire dal 2015.

La storia è quella di otto sconosciuti che vivono in diverse parti del mondo e che improvvisamente realizzano di potersi connettere telepaticamente l’uno con l’altro. Antagonista è un uomo, uno scienziato che dà loro la caccia, sfruttando la loro abilità, per catturarli, studiarli e ucciderli. Ora, molti penseranno alla storia trita e ritrita tipica del genere fantascientifico della televisione e del cinema americani e io stessa ero molto scettica all’inizio. Eppure ci troviamo davanti a qualcosa di completamente nuovo, davanti ad una vicenda in cui i personaggi sono così vivi, così veri da far commuovere per le loro storie, per il loro passato, per il loro presente, per la loro meravigliosa imperfezione, che è anche la nostra. Forse per la prima volta viene rappresentato ampliamente in un prodotto di questo tipo il genere umano, nelle sue mille sfaccettature, dalla lingua, alla religione, all’identità di genere, alle idee politiche, senza che nessuno prevalga sugli altri grazie ad una di queste specificità. Non esiste, infatti, un protagonista assoluto che si eleva sopra gli altri, che pretende un qualche tipo di predominio; i personaggi principali sono otto e tali sono i protagonisti, ognuno complesso e ben caratterizzato, che porta in scena insieme a sé il suo piccolo cosmo, senza alcuna stereotipizzazione o etichettatura.

La caratteristica (e bellezza) della serie è quella di riuscire a trattare temi fondamentali con semplicità, naturalezza e trasparenza: la sessualità, per quanto esplicita, è affrontata in modo delicato, quasi poetico, senza diventare mai volgare, mai troppo invadente o inopportuna; sono rappresentati i diversi rapporti dei protagonisti con sé stessi, tra di loro, con i propri partner, con il circostante, con la famiglia, con la religione. Temi come le lotte politiche e quelle per i diritti della comunità LGBTQ+, l’uso di droghe, la violenza psicologica e fisica, la corruzione a livello politico e religioso, la paura, l’amore, l’arte, la pura gioia dei momenti condivisi vengono trattati con un tatto e una sensibilità disarmante, sostenuti da una sceneggiatura esemplare.

In un’epoca in cui vengono continuamente costruiti muri e ristabilite vecchie frontiere per la cui dissoluzione si era in passato tanto lottato, in questo momento storico in cui il lontano e il diverso fanno paura, in cui sembra sempre più difficile capire e capirsi ecco finalmente un mondo che dà voce a tutti, in cui il lontano si avvicina così tanto da diventare inscindibile da noi, dalla nostra realtà, in cui viene abbattuto ogni tipo di barriera in cui l’estraneo non fa paura ma aiuta arricchendo con la sua esperienza le nostre lacune, aiutando, insegnando e, talvolta, liberando.

Legame tra i personaggi, o forse più una sorta di linguaggio universale e condiviso, è la musica. Questa diventa il primo mezzo attraverso il quale vengono trasmesse le emozioni tra i protagonisti e tra loro e noi. Così, per esempio, se Ridley inizia a cantare What’s up delle 4 Non Blondes a Primrose Hill, Londra, in uno spirito di confusione eppure di totale serenità, si ritroveranno a canticchiarla nello stesso modo anche Capheus a Nairobi, Sun a Seul, Nomi a San Francisco, Kala a Mumbai, Wolfgang a Berlino, Lito a Città del Messico e Will a Chicago e questo diventa un momento di intima e profonda unione.

Ecco, quindi, una serie che attraverso i suoi contenuti, la sua fotografia, i suoi attori e registi emana puro amore e che Netflix ha, purtroppo, cancellato solamente dopo le prime due stagioni (ne erano previste cinque). Solo dopo molte proteste e petizioni sul web da parte dei fan, Lana Wachowski ha scritto una lettera piena d’amore e riconoscenza per la “famiglia Sense8” facendo trapelare l’impegno e la passione che lei e gli attori hanno messo in questo progetto unico e annunciando che grazie a questa movimentazione ha imparato che non è solo una sé “ma anche un noi” e che nonostante “in questo mondo è facile credere di non poter fare la differenza; credere che quando un governo, un’istituzione, un ente prende una decisione, quella sia irrevocabile; credere che l’amore sia sempre al di sotto del baratro” Sense8 ha vinto e ci sarà un (ultimo?) speciale di due ore previsto per il 2018.


QUINDI correte a recuperare le due stagioni uscite e godetevele fino all’ultimo e poi se non avete nulla da fare riguardatevele!

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